giovedì 24 aprile 2014

25 Aprile! Festa della Liberazione!

Oggi è il grande giorno! Il primo passo verso la Repubblica!
Il giorno della Liberazione dalle truppe nazi-fasciste!
L'anno prossimo festeggeremo i 70 anni dalla Liberazione e c'è ancora chi inneggia al duce, ci sono ancora i nazisti e i fascisti. 
Ora, oltre a ribadire la pena che mi fanno i naziskin e i ragazzi di CasaPound, due tra le cause che mi fanno detestare la mia generazione, e l'ignoranza maniacale che ostentano i sostenitori del duce, posso solo rimarcare la mia stima per i partigiani, per la Resistenza, ai quali dobbiamo la libertà che abbiamo. Libertà che dovrebbe essere cara anche ai suddetti fanatici: senza essa, questi signori non avrebbero l'opportunità di professare così liberamente le loro follie razziali e di intolleranza. Il fascista non è solo chi sventola una svastica, chi ha la foto del duce in casa, chi lo dichiara apertamente. Questi sono i meno pericolosi. Bisogna stare in guardia da quelli che esultano quando si rovescia un barcone, che non tollerano le diversità religiose, che non accettano la libertà sessuale. Quelli che sono di sinistra "ma i gay in Chiesa mai, le moschee in Italia no!" 
Quelli che vedono gli immigrati rubare loro il lavoro che non hanno e non avrebbero mai accettato.
Quelli che "il crocifisso deve restare nelle classi perché se vai sui loro suoli sacri ti scannano!"
Quelli che non vogliono oranghi come ministri e mangiano il maiale sul suolo di una moschea. Ma purtroppo lo fanno in Italia.
La Liberazione non è ancora completa, dunque.
Siccome ho sputato abbastanza veleno vi invito a leggere il Dialogo tra un Antifascista e un Non So, che ho pubblicato qualche mese fa e nel quale affronto questi argomenti ma in modo ironico.
Buona festa della Liberazione a tutti.



La nobildonna e il nobilduomo di Milano (Romanzo Rosato) – Capitolo 2: L’incontro

Fuori da quella Chiesa, Frank, il nobiluomo, scivolò finendo con il naso nel seno generoso di Sarah, la nobildonna.
“Nessuno mi era mai arrivato così vicino al cuore!” pensò.
Frank, intanto, era diventato rosso per la vergogna… e l’eccitazione.
«Perdonatemi, signorina! Mai avrei desiderato infilarmi tra le vostre tettone pazz…ehm… volevo dire… nel suo nobile petto.» disse lui.
«Figuratevi! Non è niente in confronto alle palpate del prete.»
Perché l’aveva detto? Con lui sentiva di poter dire qualunque cosa. Dunque osò ancora di più.
«Siete “impegnato” con alcuna?»
«Bè, fino a poco tempo fa avevo una “relazione complicata”, poi sono stato “fidanzato/a ufficialmente” e poi, prima ancora di poter essere “sposato/a”, sono diventato “vedovo/a”. Ora sono “single”.»
Sarah sentì un tuffo al cuore: forse era l’uomo giusto per lei, il suo cavaliere azzurro.
Il suo uomo precedente di azzurro aveva solo il farmaco che assumeva per i suoi incontri galanti.
Si chiamava Durante “Duro”, conte di Monza.
Fino ai 27 anni, 3 mesi, 15 giorni, 3 ore, 17 minuti e 36,7 secondi non aveva avuto alcun problema, per così dire, afrodisiaco. In quel periodo si incontrava con una ragazza. Era molto bella.
Il problemino gli nacque da un trauma molto grave: scoprì che la ragazza che amava era una monaca. Della sua stessa città.
In seguito, Duro incontrò Sarah. La purezza della giovane borghese milanese (non ancora nobilitata) con il nome da straniera riaccese la fiamma dell’amore nel cuore di Duro. Ma solo nel cuore.
Fu così che il povero ragazzo iniziò a fare uso di una nuova sostanza dal colore azzurro.
Fu un vecchio stregone a vendergli il farmaco.
«Grazie, Mago Essah! Il vostro farmaco è miracoloso!» disse il giovane Duro.
«Per tutte le lingue di rana, le ali di pipistrello e le scaglie di serpente! La rivoluzione scientifica c’è stata quasi 400 anni fa e ancora parlate di magia e stregoneria? Per la folta barba infernale di Belzebù! Sono un uomo di scienza! Un dottore!» esplose risentito il vecchio Essah.
Il povero Duro, mortificato, non poté che assecondarlo. «Chiedo perdono, Dottor Essah!»
Perché la storia tra Duro e Sarah era finita? Mancava l’amore? Certo no.
Il motivo fu ben più drammatico. Duro, infatti, ingeriva sistematicamente il farmaco, nella speranza di concludere qualcosa. Usando le metafore più poetiche, com’era costume all’epoca, per ottenere la virtù della giovane.
«Oh, Sarah. Sentite il canto degli uccelli? È giunta la primavera. I fiori vengono impollinati dal dolce zefiro, le api ricercano il nettare e noi… bè… il nostro legame mi sembra sempre più forte, intimo, oserei dire.»
«È vero!» disse lei, accarezzandogli la mano e dandole un leggero bacio nei pressi del angolo destro del mento. Poi salì nei suoi alloggi.
Duro capì che non avrebbe concluso neanche quel giorno. “Ci sto perdendo soldi e salute con questa! Ah ‘sto punto era meglio la monaca della mia città nativa, anche se arrivò ad uccidere per coprire la nostra relazione!” pensò il povero giovane.
Capì che l’abuso di quella sostanza azzurra lo stava uccidendo. Doveva assolutamente concludere!
Così un giorno la invitò in campagna.
Dopo inutili avances impazzì. Le saltò addosso e le strappò i vestiti. “Dio, quanto è bella!” pensò lui. Ma neanche a quella visione il suo corpo rispecchiava il suo soprannome. Nero dalla rabbia, Duro assunse una dose massiccia del farmaco azzurro, che non portò, però al risultato sperato. Egli, invece, si colorò totalmente d’azzurro e si ridusse alla dimensione di due mele o poco più. Maledisse la sua condizione, inconsapevole del fatto che un giorno sarebbe diventato il patriarca di un’intera tribù di esserini azzurri famosissimi nel mondo.
Quell’esperienza aveva fatto capire alla giovane Sarah che l’amore di cui parlano i poeti è solo una presunzione dell’essere umano: esso è il tentativo di rendere spirituale il semplice istinto fisico di conservazione della specie, comune a tutti gli esseri viventi. Non avrebbe più aspettato tanto.
La precedente relazione di Frank, invece, era misteriosa. Ed egli ci teneva a farla rimanere tale.
Sarah si spinse oltre. «Frank, volete vedere la mia collezione di farfalle?»
«Veramente, avrei le mie cose…» tentò il frastornato Frank.
Ma proprio in quel momento, Frank fu raggiunto dal suo migliore amico, Romano di Roma, il quale esordì dicendo: «Ma che ce pensi pure pé ffarte ‘sto fior de gnoc…»
Frank lo frenò all’istante sparandogli alle parti basse.
«Oh, mio eroe! Mi avete salvato la vita! Quel tale stava per aggredirmi (verbalmente s’intende, ma in quest’epoca è comunque grave)!» esplose Sarah, avendo, in seguito un’illuminazione.
“Ora fingo di svenire per lo spavento così è costretto a portarmi a casa in braccio!”
E svenuta fu.
«Sarah! Sarah!»
«Oh, Frank… non… ti… vedo… beneehh…»
Frank raccolse Sarah e, prendendola tra le forti braccia, si incamminò verso il suo umile castello rinascimentale.
Durante il tragitto Sarah si spinse un po’ all’indietro, in modo da finire con la schiena piegata sulle braccia di Frank, spingendo verso l’alto il seno, facendolo giungere sotto gli occhi di Frank.
L’animo estremamente poetico del giovane nobile aveva un solo verso nella sua mente: “Che tette!”
Arrivarono a casa. Frank poggiò Sarah sul divano. La giovane, fingendo di scivolare, lo trascinò su di sé.
Lei pensò “Speriamo che non si metta subito a fare l’amore, altrimenti i lettori penseranno che quello fosse il mio scopo e che io sia una donna di facili costumi, mentre sono solo una donna sola in cerca del suo principe azzurro.”
Frank la guardò negli occhi. Erano uno spettacolo. Azzurri come il mare sul quale andava in barca da bambino. Azzurri come era quel mare prima che lui, bambino, ci urinasse e defecasse, ridendo come un pazzo.
Chinò il volto sul suo e la baciò sulle labbra per un lungo, intenso mezzo minuto e cinque secondi.
«Non avrei dovuto! Perdonatemi!» si ritrasse mortificato.
Lei lo tranquillizzò dicendo: «Se di azzurro avete solo quegli occhi di ghiaccio, allora rifatelo pure.
Rifecelo pure. E poi rifecelo ancora. Ma non andò oltre. Lei si chiese come mai. “Ditemi che non è gay come dicono le magliette che quelle bimbe-minkia sfoggeranno tra circa due secoli!” 

lunedì 21 aprile 2014

La nobildonna e il nobilduomo di Milano (Romanzo Rosato) - Capitolo 1: La secesiùn

Quella mattina Sarah si alzò dal letto prima del solito. La sua stanza era quella di una ricca borghese nobilitata di recente. Era una nuova giovane nobildonna. O una nuova nobilgiovane. O una nuova nobilragazza. O una nobilnuova. In ogni caso era nuova. Era fresca. Era nuova fresca, di giornata.
Si chiamava Sarah, come il deserto meno una acca e una a. O, forse, come Sara più un’acca. Ai posteri l’ardua sentenza.
Viveva a Milano.
Quella mattina anche Frank si alzò dal letto prima del solito. Ritornava tardi dalle feste. O, forse, presto. Per un giovane nobilduomo di Milano era tardi. Per un contadino era presto. Per Gigi Marzullo… bè… veramente non saprei, ma il problema non sussiste, dato che Marzullo all’epoca non esisteva.
Perché due giovani nobili nella Milano Ottocentesca (ma ambientata nel Seicento) avevano nomi stranieri? Non lo so. Del resto, io di romanzi rosa non ho mai capito niente.
Quella mattina il destino voleva che i due giovani si incontrassero.
Già. In una chiesetta situata al confine tra Lombardia e Veneto si svolgeva un doppio funerale. Ma partiamo dal principio.
Da mesi, ormai, Milano era flagellata dalla peste… Ma questa è un’altra storia.
Nel vicino Veneto, infatti, stava avvenendo un qualcosa di ancora più grandioso.
In quel periodo, infatti, era facile udire un discorso del genere in qualunque piazza veneta:
«Alura, questa secesiun?»
«Secesiun? Cos’è ghe xè?»
«Come “cos’è ghe xè”?!? Xè’l nostro sigo de libartà!»
«Ma libartà da coxa?»
«Ma dalla dittatura de l’Italia, caxxo!»
«Ma che caxxo te dise? L’Italia xè soltanto un’idea, no l’esiste ne la realtà! No xè mai esistita! E ancor de meno li italiani!»
Questo era il clima di quel periodo nelle regioni del sud-Austria. Molti Lumbàrd vedevano nella richiesta di indipendenza dei Veneti (o “Terùn del Nord”), oltre che una follia (chiedevano l’indipendenza da uno Stato mai esistito e mai Stato Unito), una minaccia al progetto del Viceré lombardo Bobo I del Maròn chiamato “magna-regione-Sud-Austriaca”.
E fu così che scoppiò la guerra tra le due regioni confinanti. I Veneti diffusero le proprie teorie di indipendenza e libertà attraverso i così detti “Cujùn de Dolehances”.
Dolehances era un villaggio veneto vicino Venezia. Una porzione degli abitanti del paesino era chiamata Cujùn, perché componeva una piccola minoranza che credeva di rappresentare i desideri dell’intero Veneto, anche quelli dei mediamente intelligenti.
Così la guerra tra Lumàrd e Veneti scoppiò e molti giovani, mossi da forti ideali, presero parte alla guerra, sull’uno o sull’altro versante.
Tra questi spiccavano due nobili di Milano, Don Dan e Don Din, l’uno amico di Frank, l’altro amico di Sarah.
Ma nelle teste di Don Dan e Don Din scampanellavano ideali ben diversi: il primo era un fermo sostenitore del Maròn, mentre il secondo sosteneva l’indipendenza del Veneto.
Perché a Don Din, Milanese Doc, rintoccava nel cervello il desiderio di un Veneto libero?
E’ presto detto: infatti, il cuore di Don Din risuonava solo per la bella Beatrice “Bea” Mona, figlia dell’indipendentista veneto Valerio Inquisitor Mona, conosciuto come “Và In. Mona”.
E fu così che Don Dan e Don Din si trovarono in guerra l’uno contro l’altro.
La guerra porta sempre e solo dolore, disperazione e morte. Così, nell’ottavo mese di guerra, i due giovani furono impegnati nel duello finale.
«Don Dan, sta per battere il tuo ultimo rintocco!»
«I tuoi suoni di gioia, caro Don Din, stonano più di una campana!»
«Oh, ma bravo! Sei originalissimo! E’ da quando siamo apparsi che l’autore cerca di inserire battute sui nostri nomi legate alla campana, senza però nominarla apertamente, e tu lo sputtani così! Che finezza!»
«Basta, Don Din! Hai osato dire che non ho finezza! Se non avessi l’armatura piangerei come una ragazzina, ma ho paura di rovinarmi il trucco, ma sappi che un’offesa così non mi era mai stata fatta da quando avevo dieci anni! Dunque pretendo la mia vendetta, e l’avrò, in questa vita… o nell’altra!»
Già, infanzia difficile quella di Don Dan. A dieci anni un suo amico gli disse: “Mio padre è più colto del tuo perché ha già letto tutta la Divina Commedia!”
Il piccolo Don Dan non riuscì a deglutire per tre mesi. Così fu costretto ad un intervento di tonsillectomia, il primo della storia. Da quel momento, per un lungo periodo, tutti i bambini che subivano anche un leggero insulto dai propri coetanei venivano privati delle proprie tonsille, come prevenzione.
Intorno al 2000 si intuì che le tonsille, probabilmente, potevano avere una qualche utilità. Da quel momento furono operati solo i bambini che subivano insulti dal “vai a farti operare di tonsille, ché ti sto insultando” al “tu sei stato studente quando il ministro dell’istruzione era la Gelmini”.
Lo scontro tra Don Dan e Don Din era iniziato. Il primo, munito di arco e frecce, tentò di colpire l’altro all’orecchio destro in modo da renderlo semisordo. Già, Don Dan era molto astuto. Ma poco preciso: la freccia sfiorò Don Din, tagliandogli il codino. La freccia proseguì il suo percorso. Così come il fato.
Don Din a quel punto prese il sopravvento sullo sconvolto e deluso avversario. L’armatura di Don Dan ricopriva tutto il corpo del guerriero.
Eccetto un punto: il punto di congiunzione tra mano e avambraccio, il polso. Per la precisione il destro.
Don Din si avvicinò con la velocità della tartaruga che insegue la lumaca e, con un taglio tanto netto da essere esentasse, tranciò il polso destro del malcapitato Don Dan.
Per curarsi la ferita, egli la infilò in bocca per succhiarsi via il sangue, come quando ci si fa un taglietto sul dito, ma il fiotto di sangue gli occluse le vie respiratorie. Si dice che nei pochi istanti che precedono la morte, si rivive la propria vita. Don Dan ricordò solo un periodo: i tre mesi nei quali non poteva deglutire.
Ecco, in quel momento la situazione era identica. Dunque pensò “forse riuscirò a resistere tre mesi, ma poi chi mi toglierà il sangue dalla gola?” e allora si lasciò andare.
Don Din già cantava vittoria, quando il fato riprese il suo cammino. E, con esso, la freccia.
Essa aveva compiuto l’intero giro del mondo e si conficcò alle spalle di Don Din, che cadde al suolo.
«E così con una freccia (che ha attraversato tutto il mondo) io muoio.»
Fu in quel momento che ogni dubbio sulla sfericità della terra scomparve.
Giunsero immediatamente i soldati di ambo le parti e videro la tragedia davanti ai loro occhi: due giovani avevano perso la vita, a causa di una guerra idiota voluta da dei perfetti idioti, dei Cujùn.
Si sentirono migliaia di urla “Don Din! Don Dan! Don Din Don Dan Don Din Don Dan Din Don Dan Dan!”
La guerra si fermò e tornò la pace tra Lumbàrd e Veneti. A cosa era servito versare sangue giovane, se non ne aveva potuto giovare nessun vampiro?
Il Maròn capì l’errore e diede le dimissioni, pronunciando l’ormai storica frase:
«Una triste pace porta con sé questa mattina: il sole, addolorato, non mostrerà il suo volto.
Andiamo a parlare ancora di questi tristi eventi. Alcuni avranno il perdono, altri il castigo.
Ché mai vi fu una storia così piena di dolore come questa di Don Din e Don Dan.»
Del Maròn, dei Cujùn, della secesiùn, non si sentì parlare mai più perché l’indipendenza era una bojata ma soprattutto perché di attualità traslata nel passato si parla solo in questo primo capitolo, nei prossimi, quand’anche ci dovesse essere della satira, essa sarà sempre generalizzata e mai così attualizzata come in questo caso.
Ma soprattutto, d’ora in poi, ampio spazio l’avrà il vero protagonista della storia: l’amore.
Perché se il fato aveva portato via la vita a due giovani, stava per donare l’amore ad altri due.
Infatti Frank e Sarah, quel mattino in cui si erano alzati dal letto prima del solito, si recarono nella chiesetta a confine tra Lombardia e Veneto, in cui si celebrava il funerale dei loro amici, Don Din e Don Dan.
Quando suonarono le campane, esse sembravano pronunciare il loro nome “Don Din Don Dan Don Din Don Dan…”.
All’uscita dalla chiesa Frank scivolò sulla cacca di un piccione e cadde con il naso nel seno di Sarah.
Mai nessuno le era arrivata così vicino al cuore.



NdA: Lo so che a capo della Lega Nord c’è Salvini e non Maroni, ma vuoi mettere?

venerdì 18 aprile 2014

Quel chiacchierone di Sergio Badino, intervistato da un blogger ancor più chiacchierone

E’ da fine ottobre che non pubblico interviste. Dopo l’intervista a Enna e quella a Mignacco, ecco un altro viaggio nel mondo del fumetto (e non solo): il nuovo intervistato è Sergio Badino, sceneggiatore Disney Italia e Bonelli, ed ora romanziere con “Uccidete il Pipistrello”, di prossima pubblicazione.

1)      La domanda che ho posto anche agli altri sceneggiatori che ti hanno preceduto: come e quando nasce il tuo amore per i fumetti? Quali erano i tuoi preferiti?   
Dall'infanzia. I miei mi compravano molti fumetti, per fortuna. Il Corriere Dei Piccoli, Snoopy (rivista), Braccio Di Ferro (Ed. Bianconi)... la mitica rivista Più... questi erano i miei preferiti. Anche Topolino, ma la passione per Disney è venuta più avanti.       

2)      Cosa facevi prima di entrare nel mondo del fumetto? Come ci sei entrato? Ci parli delle tue esperienze prima di entrare alla Sergio Bonelli?
Ho dato la maturità classica nel '99, poi mi sono iscritto alla scuola del fumetto di Milano. Nel 2001 ho pubblicato per la prima volta su Topolino. Ho lavorato praticamente solo per la Disney per 7/8 anni. Ho scritto per Topolino, tante storie, ma anche per PK, ho lavorato per Disney Libri... Poi, prima di Bonelli, ho lavorato anche per la tv, per due serie animate: Mostri & pirati, prodotta da MondoTv, trasmessa da italia 1 e, tramite Ferrero, allegata in dvd alle scatole di merendine. Questo lavoro lo ebbi grazie a Francesco Artibani e alla Red Whale, la società che gestisce insieme a Katja Centomo. Poi Raimondo Della Calce, un regista genovese, mi contattò per scrivere alcuni episodi della seconda stagione di Ondino, una serie animata in cg prodotta da Animabit studios e da Rai fiction, ho scritto 6 episodi. La serie è stata trasmessa da Rai Tre e ogni tanto va ancora in onda su Rai Yoyo.

3)      L’arrivo nella Casa Delle Idee Milanese: come e quando arriva? Avevi presentato altre sceneggiature prima di “Protocollo Leviathan”?
Molti anni prima, quando avevo cominciato con la Disney, ero andato anche da Castelli a proporre un soggetto. Gli era piaciuto, ma stava per uscire una storia molto simile su Dampyr: era quella sul blues e su Robert Johnson. Io non potevo saperlo. Alfredo però mi chiese di proporre altre cose, io per il momento preferii soprassedere, dato che stavo ingranando con la Disney. Quindi poi feci la full immersion Disney e a fine 2008 tornai da Alfredo con nuovi concept, tra cui quello di Protocollo Leviathan. Poi nel frattempo ho anche scritto una storia per DDColorFest (disegnata sempre da Alessandrini), ma Dylan Dog è un personaggio che mi appassiona meno, lo sento meno vicino a me. Parallelamente all'attività di sceneggiatore ne ho sviluppata un'altra di insegnante di sceneggiatura: ho lavorato al Dams di Imperia e all'accademia di belle arti di Genova, prima di aprire una scuola mia, StudioStorie (www.studiostorie.com). E’ un'attività collaterale rispetto a quella principale di sceneggiatore, ma è una cosa che mi diverte. Poi ci sono i libri: Conversazione con Carlo Chendi (2006) e Professione Sceneggiatore, prima edizione nel 2007 con prefazione di Bonelli e nuova edizione ampliata nel 2012, con prefazione di Nichetti.

4)      Senti Martin più vicino in quanto intellettuale, poco propenso all'azione, ma che si adatta in caso di necessità?
Sì, è più un uomo normale: fa quello che farei io, reagisce come penso reagirei io, è molto curioso, come me: gli piace stare tra i suoi libri ma quando decide che vale la pena partire per un'avventura non lo ferma nessuno. Le storie di mm hanno un forte legame con la realtà: devi tenere conto della Storia, della geografia, dei fusi orari se un personaggio viaggia, dei miti e delle leggende del passato, tutta roba che esiste e che esige rispetto, ma che può e deve essere interpretata e spiegata in modi nuovi e fantastici al fine di realizzare storie sempre interessanti.

5)      Somiglia molto anche a me e lo adoro per gli stessi motivi (indimenticabili le vignette con Reagan e Gorbachev o di Atlantide e Mu). Da quando eri lettore di Martin Mystère? Ci sono altre storie di prossima pubblicazione per la Bonelli? Puoi darci qualche anticipazione?
Ho iniziato ad appassionarmi ai Bonelli nei primi anni 2000, intorno ai miei vent'anni, su tutti a Martin Mystère, Dylan Dog e Julia. Prima ho avuto la fase DC, in particolare Batman che ho amato in tutte le salse. Negli anni '90 sono uscite delle gran belle storie di questo personaggio: artisti incredibili come Norm Breyfogle… vabbé, sto divagando: se mi fai parlare di Batman non la smetto più! Circa prossime storie ne ho consegnata una qualche mese fa sempre di Martin, è il seguito di altre due storie scritte da Stefano Vietti (La Biblioteca Delle Sabbie, uscita su un maxi nel 2005 e Il Carcere Degli Esseri Impossibili, su MM n.310), la sta disegnando Giovanni Romanini. Poi ho un altro soggetto pronto e approvato da cominciare a sceneggiare ma prima ho alcune altre cose da sistemare, tra cui un soggetto per un altro personaggio della casa editrice… di cui scaramanticamente non ti parlo! Lo spunto è piaciuto al curatore della testata, ora vedremo se gli piacerà anche il soggetto appena l'avro ultimato.

6)      Ma l’altro soggetto per Martin non sarà mica il sequel di “Protocollo Leviathan”? PS: questa domanda già te l’ho fatta quando ho collaborato per l’intervista dell AMys, però ho adorato la tua storia (che mi ha ricordato il Martin degli esordi) e ci spero molto.
No, sarà un'altra storia. Mi spiace deluderti!

7)      Ma ci sarà prima o poi?
Beh, se dovessi trovare uno spunto interessante per un seguito allora sì, perché no. Ma per ora non ci ho ancora pensato, per il momento preferisco esplorare altre storie: mi interessa molto il rapporto con Diana e in questa terza storia - che, tra l'altro, se riusciremo a combinare, prenderà Alessandrini: il soggetto gli è piaciuto - Diana è molto presente, Java non c'è. Ti ringrazio per i complimenti su Protocollo Leviathan, mi fa molto piacere: era la prima storia, ho cercato di impegnarmi particolarmente e sono contento del gradimento che ha avuto tra i lettori.

8)      L’impegno si è visto, almeno io l’ho visto! Prima di proseguire con i fumetti, qualche domanda più personale (non gossip): quali sono i tuoi gusti letterari, musicali e in merito a film e serie televisive?
Letterari: amo molto leggere. Amo molto King, Hornby, Chabon, David Trueba, Camilleri tra i viventi. Sulla musica sono un appassionato di blues e di musica afroamericana in generale… ho anche avuto una mia band per un periodo, i Bluesbusters, cantavo e suonavo l'armonica a bocca. Sul cinema mi piace il primo Tim Burton, adoro Kubrick e Woody Allen, Christopher Nolan, Hitchcock e Billy Wilder, li considero tra i miei maestri… Spielberg e Lucas naturalmente… so che sto dimenticando qualcuno di importante... anche Ron Howard mi piace. Sulle serie tv di recente ho davvero molto molto MOLTO apprezzato Sherlock, tutte e tre le stagioni… e Homeland, tutte e tre le stagioni: altissimo livello. Anche Hannibal non mi è dispiaciuto.

9)  Qual è il tuo rapporto con TV, tecnologia, social network e videogiochi?
La tv la guardo molto poco, solo se c'è qualche bel film o documentario interessante… quindi molto molto MOLTO poco!
Tecnologia... insomma… non sono un grande esperto: scrivo su un vecchio ibook del 2005, lo uso come macchina per scrivere.
Non sono un appassionato di videoghiochi, non ne faccio uso.
I social network li adopero più che altro per lavoro, contatti vari… non ho un account su twitter: ne ho uno di StudioStorie ma non uno personale… ne ho uno su linkedin ma non lo adopero un gran che. Trovo che Facebook sia un buon modo per promuovere il proprio lavoro: ho aperto una pagina di Uccidete il pipistrello, il mio romanzo in uscita, che in pochi giorni è arrivata a quasi 400 like.

10)   Tra i 400 ci sono anch'io e senza facebook questa intervista sarebbe stata impossibile o più complicata...Cosa pensi del clima che si respira nella politica italiana e mondiale?
Sono molto preoccupato… trovo che certi film e certe serie mai come oggi riflettano il clima di incertezza: dagli Stati Uniti, che sono sempre stati avanti in questo, alcune produzioni blockbuster iniziano a parlare di un pericolo che arriva dall'interno, e non dall'esterno…  Guarda Capitan America 2, guarda Homeland…
non ci sono i classici cattivi… terroristi, supercriminali… no, i terroristi e i supercriminali sono difficilissimi da smascherare perché sono come noi, sono tra noi… potremmo essere anche noi!

11)   Mi hai un po’ inquietato… ma non sarà semplicemente perché gli americani si sono finalmente resi conto che la guerra fredda è finita e perché si cerca un maggior realismo per accattivare lo spettatore?
Probabilmente c'entra anche questo però penso ai film dell'epoca della guerra fredda, anzi, prima, i film del pericolo atomico, quelli con i mostri giganti, a King Kong, una storia ORIGINALE americana, del 1933... ti ricorda niente quell'anno? Questo tipo di film da sempre riflette le paure americane, è come una cartina di tornasole… e quello che succede in america è qualcosa che, prima o poi, arriva nel resto del mondo: New York è la capitale del mondo. Tre anni fa, quando ci sono stato, non c'era più UN SOLO negozio di home video in tutta la città, quando da noi invece era ancora (e ancora è) tutto pieno di blue ray e dvd… sono avanti: quello che li è presente da noi è futuro, arriverà tra un po’.

12)   E per quanto riguarda l’Italia?
La politica italiana non fa eccezione: non è normale che si sia al terzo governo senza passare dalle elezioni ma è anche vero che forse al momento, in questa particolare congiuntura, è la migliore soluzione possibile… l’Italia è come un vaso rotto i cui pezzi sono incollati malamente e malamente restano insieme: non è e forse non sarà mai un paese unito. Forse è per questo che la maggioranza sente il bisogno di essere guidata da "uomini forti": da Mussolini a Berlusconi a Grillo… persone carismatiche. Anche Renzi in un certo qual modo. Il decisionismo: qualcuno che pensi per me… la politica anglosassone o statunitense qui da noi è un'utopia. Intendevo dire il modo di far politica anglosassone: io sono una persona di sinistra, ma la sinistra italiana mi ha fortemente spiazzato, da quando il PD è riuscito a non far eleggere prodi alla presidenza della repubblica, dopo che la candidatura era stata presentata dal segretario dello stesso partito.
Non so più cosa pensare, mi sono un po' discostato: osservo dall'esterno. Quella è stata un po' la goccia, per me.
Ho votato per Renzi alle primarie. poi non mi è piaciuto molto il fatto che abbia fatto cadere Letta, ma d'altronde in questo poco tempo ha fatto molte cose che altri non avevano nemmeno provato a fare... e poi la mossa di entrare nel PSE in effetti ci voleva da tempo.

13)   Torniamo ai fumetti: a mio avviso i fumetti italiani non hanno niente da invidiare a quelli americani in qualità, ciononostante esso non riesce a sfondare e esportare se non in Grecia o in Croazia (ho visto con i miei occhi Pk, Zagor, Tex, Alan Ford e Mark in queste due nazioni questa estate). Come te lo spieghi? E’ un problema economico? Come mai i francesi ci riescono più di noi?
Beh, per i Bonelli guarda un po' qua: http://www.sergiobonelli.it/sezioni/660/licensing. E le storie Disney realizzate in Italia sono più del 50% della produzione mondiale. Sono esportate in tutto il mondo. Però credo che la gabbia italiana sia meno esportabile, il problema mi sa che stringi stringi è tutto lì.
In America hanno provato a pubblicare Dylan Dog con la Dark Horse mi pare ma poi è finita lì. In Francia la nostra gabbia non è assolutamente spendibile. E’ che la nostra concezione del fumetto è diversa dalla loro: i fumetti pop degli americani sono i supereroi, i nostri sono i Bonelli. A noi piacciono i supereroi perché siamo figli della cultura americana: ci hanno liberato dalla dittatura, i nostri eroi del fumetto più popolare sono un ranger e il topo più famoso del mondo.
Santa gratitudine, Batman! Per noi il fumetto è una cosa popolare, per i francesi no: in Francia non c'è un equivalente di Bonelli. Ci sono Casterman e compagnia.
Comunque i francesi non esportano proprio tutto: esportano Asterix, Tintin, Blacksad, la Satrapi, questi sono i blockbuster. Però allora si può dire che Paco Roca, spagnolo, sia venuto fuori con più efficacia di un francese.

14)   Se il problema stesse nella gabbia allora il progetto DK dovrebbe essere  un successo all'estero, avendo utilizzato uno stile grafico e narrativo americano. E  anche nel caso in cui fosse un successo, sarebbe il successo del fumetto italiano con le sue tradizioni? Tra l’altro ranger e topo sono due figure americane. Per quanto riguarda Asterix, ecc., pur essendo i pochi ad essere esportati in massa, non ne esiste un corrispettivo italiano (come successo internazionale).
In realtà non credo basti aggiornare la gabbia quando un personaggio è degli anni '60. ogni personaggio riflette la propria epoca. Quando citavo ranger e topo parlavo proprio del debito di riconoscenza italiano nei confronti della cultura americana; come dicevamo, ancora una volta la cultura pop è abilissima a riflettere certe tendenze, paure e svolte storiche e sociali. Il fatto che l'Italia non abbia un equivalente di Asterix o Tintin da esportare a livello internazionale la dice lunga su quanto espresso finora, no?
A me ha anche colpito il rispetto con cui, al cinema, sia stato trattato Tintin da Spielberg e Jackson. Guarda invece cos'hanno fatto gli americani al cinema con Dylan Dog...

15)   Il film di Dylan Dog stavo per citarlo io, come ha detto qualcuno “non l’ho visto e non mi piace” (mi è bastato il trailer). Ma forse si sta muovendo qualcosa: da anni si parla di una serie su Diabolik, che dovrebbe partire l’anno prossimo su Sky. Questo sembra essere un ottimo progetto.
Lo scopriremo solo... vedendo!

16)   Castelli ha suggerito alla produzione di leggere bene il fumetto in modo da rimanere fedeli all'originale ma con ritmi televisivi.
Alfredo è sempre il migliore, ho una grande stima di lui: è un ottimo autore, uno sceneggiatore pazzesco, ha una cultura enciclopedica e non se la tira PER NIENTE. Quando parli con lui sembra di stare al bar con un amico.

17)   Anche io lo stimo molto come autore... in Martin Mystère (soprattutto nei primi 20 anni) è stato qualcosa di rivoluzionario, secondo me!
Sono d'accordo.

18)   Adesso veniamo al libro: “Uccidete il Pipistrello” è, presumo, un omaggio di un fan a Batman. Come è nata l’ispirazione? Parlaci della trama e tutto ciò che ti va di dirci del libro.
Il libro doveva uscire nel 2012 seguendo l'onda dell'ultimo film di Nolan. Era in visione presso grossi editori, poi è successa la strage di Denver, che ha un po' bloccato tutto: molti editori si sono sentiti un po' a disagio a pensare di pubblicare un romanzo che parlava delle stesse cose avvenute così di recente in circostanze così drammatiche. Poi il momento è passato ma tant'è la storia continuava a piacermi, alloro mi sono detto: o lo pubblico nel 2014 - anno del 75mo compleanno del personaggio - o mai più! E così per fortuna è stato: il libro uscirà sia in cartaceo sia in ebook per l'editore Liberodiscrivere.
Circa la trama, volevo fare un omaggio a Batman e in particolare all'universo cinematografico: un misterioso antagonista sta attuando una serie di crimini - ognuno in una città italiana diversa - ciascuno ispirato all'antagonista di uno dei film di Batman in ordine cronologico. L'unico ad accorgersi di questo legame è Roberto Canis, pensionato e super appassionato dell'universo batmaniano. Contro il parere di tutti si caccia in quest'avventura, dimostrando poco a poco di avere ragione, recuperando anche il rapporto con il figlio. Questa per sommi capi la trama. Il romanzo è stato un pretesto anche per affrontare alcuni temi a me cari: la società italiana, il disagio giovanile… cose così. Sono circa 270 pagine. E' un thriller che chiunque può leggere, ma credo che in particolare chi è appassionato di batman si divertirà parecchio!

19)   Roberto Canis è la trasposizione di te stesso tra 30 anni?
Spero di no: io sicuramente a 65 non sarò in pensione! A parte questo, non è un personaggio totalmente positivo: è schiavo della sua ossessione! Certo, riesce a redimersi…

20)   La sua ossessione è Batman o c’è dell’altro?
Quando la storia inizia è un uomo completamente solo: la sua ossessione per Batman ha fatto finire il suo matrimonio!

21)   Allora possiamo dire che Canis è un estremizzazione del tuo lato di appassionato di Batman?
Immagino di sì... però quello in realtà è un pretesto: lui ha molta voglia di redimersi, vuol far vedere a tutti di non essere solo un pantofolaio, vuol far vedere che, in fondo, la sua ossessione può anche servire a qualcosa. E in effetti così è.

22)   Sono curioso di conoscere il tuo rapporto con Batman e con i supereroi in generale. Quali sono le tue storie preferite? Cosa pensi del nuovo corso di Batman? E di quello di Spider-Man?
Purtroppo non li seguo più da molti anni, almeno nelle serie regolari. Non sono mai stato un patito di Spider-Man, pur apprezzandolo.
Storie migliori di Batman... vediamo: The Mudpack, Long Halloween e Dark Victory, Mad Love, Knightfall, una bella saga, Dark Knight Returns e Killing Joke, naturalmente, La Nascita Del Demone… bastano?

23)   I miei supereroi preferiti sono Spider-Man e Batman (ma anche molti altri). Il tuo amore per Batman da dove proviene?
L'amore per Batman è iniziato sicuramente con il primo film di Burton: avevo 10 anni e andai a vederlo con mia madre. una folgorazione! anche se non andai subito a cercare i fumetti. Per quello furono fondamentali Batman - Il Ritorno (che vidi con mio padre) e la serie animata di Bruce Timm.

24)   Un detective dell’impossibile, un ranger, un indagatore dell’incubo, un giustiziere con la scure, un pilota d’aerei, un ladro in calzamaglia, ecc possono competere con dei supereroi?
Secondo me sì; ogni Paese ha il suo habitat culturale, e questo genera i miti pop. Gli americani poi esportano, da dopo la guerra, il loro stile di vita in tutto il mondo, perché hanno vinto. Anche grazie al cinema. Noi, nel nostro piccolo, facciamo altrettanto. Zagor non è altro che l'incrocio tra Tex e Batman, se ci pensi bene. Non devono per forza competere. Coesistono abbastanza bene, mi pare.

25)   Ma io infatti adoro entrambi i generi, con "competere" intendevo nell'attrazione verso il pubblico.
Eh, infatti! Quando dicevo coesistenza intendevo proprio questo.

26)   Secondo me siamo pochi “saggi” a farli coesistere... ci sono molti fondamentalisti in questo mondo...
Ahimè è vero... e non solo in ambito fumettistico.

27)   Secondo la mia, poco importante, esperienza è più complicato scrivere una sceneggiatura che un romanzo. Qual è la tua esperienza?
Non trovo che sia più complicata una o l'altro. Secondo me la fase più difficile è quella dell'ideazione della trama, un terreno comune a entrambe le discipline. Una volta che c'è quella, per me, il passaggio a romanzo o sceneggiatura non è particolarmente complicato. Certo, occorre un minimo di padronanza per le due forme di scrittura.

28)   Grazie per la tua disponibilità. In conclusione, la mia, ormai classica, richiesta: puoi lasciarci con un messaggio per i giovani che hanno il sogno di lavorare nel mondo del fumetto o della letteratura in generale in questo momento di crisi in cui le speranze sembrano, ormai, prive di ogni valore. Grazie ancora e alla prossima!

Grazie a te, per me è un piacere! ai giovani direi di coltivare le loro ambizioni con estrema costanza. Magari di pensare anche a un percorso alternativo, ma se la passione e il talento - ammesso che ci sia - conducono in una data direzione, è sbagliato ignorare un certo cammino solo per pessimismo. Oggi c'è crisi e quindi è richiesta, a chi vuole affacciarsi al mondo della scrittura, una preparazione maggiore, una competenza sempre più vasta. Quindi continuare a impegnarsi,a studiare, a leggere. Essere sempre umili nel proprio percorso di ricerca e di formazione e nella vita in generale. Questo significa anche studiare un "piano B", qualora in piano A non dovesse funzionare. Ma avere un piano di riserva non deve significare non crederci: significa, secondo me, stare con i piedi per terra.

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martedì 15 aprile 2014

Porta A Porta - Il terribile delitto del cucchiaino d'acciaio (Parte 5)

V: Buonasera. Benvenuti a Porta A Porta. Stasera abbiamo un ospite che sostiene di aver risolto il caso del terribile delitto del cucchiaino d’acciaio. E ci ha chiesto, per questo, di invitare tutti gli ospiti delle ultime puntate. Dunque ecco, in rigoroso ordine di apparizione: il signor Voce fuori campo, il signor Otto, il signor EditoreDelLibroSopraCitato, il signor Salvo Prove, il signor Giovanni B. Buono, la signora Chiara Alba in Buono, il signor sindaco Pio Buono, le costituzionaliste Sana e Robusta e le loro assistenti Una e Indivisibile.
Ed ora il nostro nuovo ospite, l’uomo della verità: il giovane linguista non di grande livello, quindi B-linguista, Franco Fono.
Signor Franco Fono, siamo franchi: chi è il colpevole, secondo lei? Anzi, per essere ancora più franchi: qui est coupable, à votre avis?

F: Buonaserà, Vespà. Innanzituttò dovremo considerare ad uno ad uno i vari moventì, provè pro e contrò e alibì!

V: Secondo lei la nostra trasmissione ha dato una mano a sbrogliare la matassa? Sia franco, signor Franco.

F: Sarò Franco ancora una volta: no! Anzi, per essere ancora più Franco: nò!
Iniziamò con il primo sospettato: signor Voce fori campo, lei era in questo studio durante la seconda puntata dedicata al caso, mentre avveniva il secondo delitto. Lo confermà?

Voce fuori campo: Sono Voce fuori campo e confermò, cioè… confermo di essere stato qui durante la seconda puntata, nella quale avvenne l’omicidio della scrittrice di “Claretta: Io, prima di Benito – Molti amanti, molto amore” (che è appena uscito in edizione speciale economica con scritti inediti dell’autrice) e durante la quale pronunciai le frasi “Sono Voce fuori campo e introduco il servizio. I diari di Claretta sono reali?” e “Sono sempre Voce fuori campo… Come avete potuto constatare i diari sono reali, quindi torniamo in studio”.

F: Bien, signor Vocé… è libero di andare a casa.

Voce fuori campo: Sono sempre Voce fuori campo… la mia casa è l’etere di questo studio.

F: Andiamò avantì… E’ il momento del signor Otto, che fu intervistato sulla validità dei diari da cui è tratto “Claretta: Io, prima di Benito – Molti amanti, molto amore” (che è appena uscito in edizione speciale economica con scritti inediti dell’autrice), sempre durante la seconda puntata. Ma il suo intervento, nel quale alla domanda “è vero ciò che viene raccontato in questo libro?” diceva “Bè, effettivamente… Credo di poter dire di sì…”, era registrato, dunque non ha alibi, vero signor Otto?

O: Bè, effettivamente… Credo di poter dire di sì…

F: Troppo sereno, troppo onesto… lei è libero di poter tornare a casa… è contento?

O: Bè, effettivamente… Credo di poter dire di sì…

F: Il signor EditoreDelLibroSopraCitatò era presente nella seconda puntata, ma anche lui era registrato (si trovava, insieme al signor Otto, nel servizio aperto e chiuso da Voce fuori campo). Dunque è tra i sospetti. Ma andiamo al primo ad essere statò ritenuto colpevolé, Salvo Prové. La sua innocenzà è stata provata già durante la seconda puntata. Gli abitanti del comuné di Comuné Italianò (Giovanni B. Buono, Chiara Alba in Buono e Pio Buono) sono innocenti in quanto presenti durante la secondà puntatà, eccetto il sindaco Pio Buono. Egli, però, era presente durante la terza puntatà ed era in studio mentre Libero Corso veniva ucciso nel camerino. Ciononostante, un quinquenne in grado di essere eletto sindaco, tra l’altro con il 66,6% dei voti nonostante il 33,3% di astensione (quindi con il 100% dei voti realmente espressi), deve essere dotato di un’intelligenza superiore, dunque avrebbe potuto architettare un delittò a distanzà! Cosà ne pensà, sindacò Pio Buonò?

PB: Come già detto, il coniglio alla fine è innocente per me!

F: Abbiamò il secondò sospettatò… Tres bien, andiamo avanti… le costituzionalisté Sanà e Robustà e le loro assistenti Una e Indivisibile che erano in studio durante la terza puntatà, ma durante l’omicidio di Libero Corso erano già tornaté in camerinò. Cosà ne pensaté?

S: Sì, non abbiamo un alibi.
R: Concordo.
U: Già, è così. Potremmo essere anche io e Indivisibile!
I: Ma che cazzo dici, Una? Vuoi finire in galera? Perché parli anche per me? Una e Indivisibile! Sempre insieme! Basta con questa storia!

F: Bien! I sospetti sono EditoreDelLibroSopraCitato, il sindaco Pio Buono e le costituzionaliste Sana e Robusta con le loro assistenti Una e Indivisibile. Andiamo ai moventi. Il signor Editore ha incrementato le vendite del libro “Claretta: Io, prima di Benito – Molti amanti, molto amore” dopo la morte dell’autrice e ha pubblicato un’edizione speciale economica con scritti inediti dell’autrice. Il delitto del ragazzo omosessuale sembrerebbe inspiegabilé. Quello di Liberò Corsò, compiuto inscenando un suicidio, è servito a depistaré. Pio Buono ce l’aveva con Libero Corso per la scarsa istruzione che gli aveva dato, che l’aveva portato a non potere esercitare il suo diritto al voto. Gli omicidi della scrittrice e del ragazzo omosessuale risultano inspiegabili. Le due costituzionaliste e le due assistenti non hanno alcun moventé ma sono state aggiunte alla lista dei sospetti per allungare il brodo e per giustificare la gag letta sopra e la gag che avverrà tra poco. Dunque, potete andare.

S: Grazie!
R: Grazie!
U: Grazie! Anche da parte di indivisibile!
I: Grazie un corno, stronzo! Mi hai fatto perdere un sacco di tempo! E tu, Una, smettila di parlare al posto mio! Basta con ‘sta storia “Una e Indivisibile, Una e Indivisibile!”, basta! Non siamo una e indivisibile: lei è Una e io sono Indivisibile!

Andiamo alle prove. Contro Pio Buono non ci sono prove. Ma contro lei, signor Editore, ci sono eccomé.
Nella terza puntata viene svelato che sul luogo del delitto della scrittrice di “Claretta: Io, prima di Mussolini – Molti amanti, molto amore” è stata trovata una penna rosa shocking con su scritto “Premio letterario China il Capo a Capo di China ‘75”. Nella quarta puntata lei, signor Editore, ha dichiarato: “La signora venne in casa editrice nell’80, quando avevamo da pochi anni vinto un premio che ci aveva reso una delle case editrici più in del tempo”. E’ vero?

E: Ehm… sì.

F: Non si trattà forse propriò di quel premiò?

E: Ehm… sì.

F: Le vendité del librò non sono forse aumentate dopo la morte, tanto da pubblicarne un’edizione speciale economica con scritti inediti dell’autrice?

E: Ehm… sì.

F: Non ha forse detto, sempre nella quarta puntata, “Capii subito che sarebbe stato un caso editoriale che, in un periodo di crisi, fa sempre bene”?

E: Ehm… sì.

F: Sentiamo questa dichiarazione del suo segretario, che ho interrogato ieri.
“F: Signor Segretario com’è la condizione economica della vostra casa editrice?
S: Ora ci stiamo riprendendo con “Claretta: Io, prima di Mussolini – Molti amanti, molto amore” (abbiamo pubblicato anche un’edizione speciale economica con scritti inediti dell’autrice) ma prima eravamo in piena crisi, tanto che il nostro Editore portava sempre con sé la penna rosa shocking vinta al “Premio letterario China il Capo a Capo di China ‘75”, simbolo del suo unico trionfo. Non la lasciava mai, neanche in occasioni sconvenienti, come potrebbe essere un omicidio.”
E’ vero?

E: Ehm… sì. Però lei può provare solo l’omicidio della scrittrice e, al massimo, quello del criminologo Libero Corso, per sviare i sospetti. Ma l’omicidio del ragazzo omosessuale? E l’intrigo del comune di Comune Italiano?

F: Ora ci arriviamò. Lei sapeva perfettamente in che serata avrebbe presentato il libro qui da Vespà. Così ha fatto in modò di far creare un caso per Vespà (quello del ragazzo omosessuale) che se ne sarebbe iniziato ad occupare nella puntata precedente quella sul libro “Claretta: Io, prima di Benito – Molti amanti, molto amore” , conoscendo il vizio irrefrenabilé del signor Vespà di voler condurre indagini in trasmissioné, sapendo che avrebbe invitatò il criminologo Libero Corsò, che lei conosceva bene, essendo stati compagni di classe. Non è verò?

E: Ehm… sì.

F: Dunque sapeva che i punti deboli del signor Corso avrebbero portato all’accusa del signor Salvo Prove, perché omosessuale, professore di fisica disoccupato e amante del gelato (vedere puntate una e due).
In questo modò aveva ottenuto due risultatì: aveva creato un caso che Vespà avrebbe portato avanti per più puntate (attirando maggiori spettatori), puntaté durante le qualì sarebbe stato presentato il suo librò ad un pubblico, dunque, maggioré; inoltre aveva ottenuto un primo sospettato.
Ma lei, signor Editore, non sapeva che quella sera (seconda puntata), mentre eliminava la sua vera vittima (la scrittrice), proprio il signor Salvo Prove era intervistato da Vespà. Ma il pericolo è durato poco: durante la terza puntata, proprio nel momento in cui tutte le prove sembravano contro il criminologo Libero Corso (accusato di aver tentato di stallaré la situazioné dando una scarsa istruzione a Pio Buono, in modo da non poter scrivere il proprio nome sulla scheda, per appropriarsi del comune di Comune Italiano, in quanto commissario) ha inscenato il suo suicidio. Anche l’intrigo del comune di Comune Italiano è stato progettato da lei, signor Editoré: in quel modo ha creato un nuovo caso per Porta A Porta, in modo da distogliere in parte l’attenzione dal caso principale e per avere un maggior motivo di accusa  contro il criminologo Corso, come ho spiegatò pocò fa (nella parentesi). Come detto prima, lei era grande amicò di Corso, così lo ha convinto a organizzare l’intrigo del Comune e poi portare la storia a Vespà. Le aveva certamente promesso che avreste gestito il comune insieme, ma sapeva perfettamente che la maggioranza sarebbe stata raggiunta: la storia del comune di Comune Italiano le serviva solo per i finì spiegati primà.
Tutto per vendere più copie e risollevare le sorti della sua casa editrice. Cosa dice, signor EditoreDelLibroSopraCitato?

E: Ehm… sì.

F: Come vede il delitto perfetto non esiste!

E: Ah,ah,ah! Il delitto perfetto l’ho compiuto: ho fatto in modo che un libro di merda divenisse l’oggetto più venduto al mondo! Mio figlio vivrà di rendita e con i soldi accumulati uscirò prima del processo e scapperò all’estero! Non mi vedrete mai più! Ah-ah-ah! Alla faccia di quelli che rubano una mela per fame e passano la vita un galera! Ho creato un delitto straordinario! Sono un genio! Ah, ah, ah!

F: Portatelo via. Sarò franco: sono stato magnifico! Anzi, sarò ancora più Franco: j’ai ètè magnifique! Ah, ah, ah!

V: Bene. Tutto è finito. Tutto è stato risolto. Da domani cercheremo un nuovo delitto per fracass… ehm… da risolvere. Sarò franco: senza Franco non ce l’avremmo mai fatta. Anzi, sarò ancora più franco: sans Francò nous n’aurions pas pu jamais fait! Grazie a tutti! A domani sera! Buona Notte.

………E’ spento tutto? Non siamo in diretta, vero? Perfetto! Ah-ah-ah! L’editore si illude di aver creato il delitto perfetto, Franco Fono crede di averlo sventato. Credono tutti di essere dei geni! Ah-ah-ah! Ma nessuno si è chiesto la cosa più importante: i diari! Chi ha portato i diari alla scrittrice? Chi l’ha aiutata nella stesura? Eppure si sarebbe dovuto notare il mio stile nella iper-obiettiva analisi politica su Berlusconi contenuta nel libro! Sapevo che scrivere il libro “Claretta: Io, prima di Benito – Molti amanti, molto amore” avrebbe generato quella concatenazione (l’avidità dell’editore avrebbe portato ai vari delitti e all’intrigo comunale) che ha portato milioni di ascolti al mio programma, parecchi soldi che mi ha dato l’editore del mio stesso libro (come svelato quando credevo di non essere in onda nella seconda puntata), io ho ottenuto i soldi per citare e far citare agli ospiti miliardi di volte il libro “Claretta: Io, prima di Benito – Molti amanti, molto amore” e la sua edizione speciale economica con scritti inediti della scrittrice. Sono stato pagato per pubblicizzare il mio stesso libro e per portare ascolti immensi alla mia stessa trasmissione! Questo è il delitto perfetto! Che, tra l’altro, non è perseguibile penalmente!  
Sono io il vero genio! Sono io il vero folle! Sono follemente geniale! Ah-ah-ah!

Blogger P: Caro Vespa, sono stato io a decidere le tue azioni che hanno causato tutte le altre. Io ho creato questa storia. Io ho creato la Storia! Io sono il Dio del blog! Io sono follemente geniale! Ah-ah-ah!

Dio-Creatore: Sì, blogger P., ma sono stato io a creare te! Se non ti avessi creato così, tu non avresti mai dato vita a tutto questo!

Dio-Creatore del Dio-Creatore: Sì, Dio-Creatore, ma sono stato io a generarti, altrimenti da dove proverresti tu?

Dio-Creatore del Dio-Creatore del Dio-Creatore: Sì, Dio-Creatore del Dio-Creatore, ma sono stato io a generarti, altrimenti da dove proverresti tu?

Dio-Creatore del Dio-Creatore del Dio-Creatore del Dio-Creatore: Sì, Dio-Creatore del Dio-Creatore del Dio-Creatore, ma sono stato io a…


Blogger P: Scusate, ma non posso riportare tutta la discussione in uno spazio finito… Ah, comunque tutto questo l’ho creato io… no… solo per ribadire il nome del blog…

giovedì 10 aprile 2014

Porta A Porta - Il terribile delitto del cucchiaino d'acciaio (Parte 4)

V: Buonasera. Questa sera cercheremo di far luce definitivamente sul terribile delitto del cucchiaino d’acciaio e del mistero del comune di Comune Italiano. Ma prima parleremo del libro “Claretta: Io, prima di Benito – Molti amanti, molto amore” in compagnia del signor EditoreDelLibroSopraCitato.
Allora, signor E., quando le è stato mostrato il libro è stato subito favorevole alla pubblicazione?

E: Bè, innanzitutto bisogna dire che il libro è un qualcosa di scomodo, che colpisce i poteri forti. Un libro anti-casta! Tutti avevano paura delle verità che il libro avrebbe potuto contenere! Abbiamo anche ricevuto una busta, con sopra la falce e il martello, con dentro due proiettili. Molti avevano paura si scoprisse che tra gli amanti della Petacci ci fossero stati anche dei comunisti. Perché la verità è che di donne come lei ne esistono poche: lei andava al di là del colore politico, al di là del colore della pelle: lei amava! Questo è il libro più scomodo del secolo! Roba che “Wikileaks” sembra essere “Dipiù” al confronto!

V: Come ha conosciuto la povera signora che ha raccolto i diari? E come li ha trovati?

E: Ecco, questo è un mistero. La signora venne in casa editrice nell’80, quando avevamo da pochi anni vinto un premio che ci aveva reso una delle case editrici più in del tempo. Dunque i dipendenti erano molti e la mettemmo a battere le risposte alle lettere che ci venivano spedite. Un giorno, però, si presentò da me e mi mostrò il libro che aveva scritto, mostrandomi anche i diari originali da cui aveva tratto la materia.
Quel libro era un capolavoro, come avete avuto e avrete modo di constatare, infatti stiamo per pubblicare una nuova edizione economica in cui abbiamo inserito anche altri lavori (del tutto inediti) della povera scrittrice morta, ed io rimasi profondamente colpito! Capii subito che sarebbe stato un caso editoriale che, in un periodo di crisi, fa sempre bene. Non mi ha mai voluto spiegare come li avesse trovati!

V: Ci legge un (ampio) estratto del libro?

E: Ecco, questo credo sia tra i più significativi, ma non il più significativo in assoluto, che potrete leggere comprando il libro. Ecco: “Nel maggio 1930, Claretta era diciottenne da quasi tre mesi e la sua ammirazione per il duce cresceva sempre più: la Petacci aveva un poster di Benito Mussolini a grandezza naturale, vicino al quale ballava similmente al modo in cui oggi ballano le cubiste attorno al palo della lap-dance.
Ma era solo un mito adolescenziale. Il suo grande amore in quel periodo era, infatti, un certo Azzone Luca.
Lavorava nelle ferrovie. Per questo le sue storie d’amore funzionavano sempre: non era mai in ritardo.
Non come oggi che, per esempio, mio marito mi doveva portare alla stazione. Ora, tutti sappiamo che i treni arrivano in ritardo. Dunque mio marito fece con comodo e arrivammo in ritardo ma, secondo i suoi calcoli, in anticipo rispetto al treno. Ma quella volta il treno arrivò in orario, ovvero in netto anticipo rispetto al solito. «Lo vedi! Mi hai fatto perdere il treno!» gli dissi. Lui mi rispose: «Il problema è che questi non sono puntuali neanche nei loro ritardi! Ci vorrebbe Mussolini! Con lui i treni arrivano sempre in orario! O, almeno, andrebbe bene anche Berlusconi! Con lui i treni arrivano sempre all’orario dei loro ritardi!»
«Tranquillo, amore. Passati i due anni di interdizione dai pubblici uffici, tornerà! Quindi alle prossime elezioni conviene votare Forza Italia, così si troverà già il partito al governo! Bisogna pensare come se fosse lui a capo del partito! Per questo hanno fatto bene ad inserire lo stesso il nome nel logo!» gli risposi.
Ma ora torniamo al racconto. Claretta, credeva di aver trovato il suo vero amore. Come, del resto, anche con i precedenti. Claretta amava. Era nata per amare. Ogni uomo per lei era il primo amore. Ogni uomo era l’ultimo. Tanto amore. Molti veri amori, tutti. Molti amanti, molto amore.”

V: Devo dire che questo estratto mi ha commosso, soprattutto il tratto in cui si parla della grande passionalità di Claretta, del suo amore per mio padre… ehm… per il duce e la parte in cui si parla di Forza Italia, che a me sembra una grande e iper-obiettiva lezione di politica. Dunque non solo l’amore, ma anche la politica e le esperienze della scrittrice. A proposito di ciò, non possiamo non parlare della terribile morte della scrittrice.

E: Che dire… Sono addolorato dalla sua morte. Non riesco a capire come il signor Corso abbia potuto compiere un delitto così terribile. Forse è colpa del suo lavoro: come quel pasticciere che inizia a mangiare i suoi dolci, non ne vende più, va in crisi, è costretto a comprare materiale di scarsa qualità, che non acquista nessuno e che, quindi, è costretto a mangiare tutto lui, e muore grasso e povero. Allora i suoi familiari, già pieni di debiti, saranno costretti a fabbricare una bara su misura, in quanto l’uomo è troppo grasso, spendendo i pochi risparmi rimasti. I figli, dunque, non avendo soldi, non potranno formare una famiglia e moriranno soli, poveri e scheletrici. Così la famiglia scompare e la popolazione italiana cala sempre di più.
Così il criminologo Libero Corso, sempre a contatto con i crimini più efferati, ne ha progettato uno geniale e folle, follemente geniale, oserei dire. Ma alla fine non ha retto e si è tolto la vita. E la popolazione cala. E le lobby son contente. Tutta colpa del lavoro e della legge Fornero. Con Berlusconi le cose andrebbero diversamente.

V: Bene. Un’ottima analisi politico-economica iper-obiettiva. Soprattutto la parte di Berlusconi. Credo che possiamo passare a parlare del delitto del cucchiaino d’acciaio. Effettivamente mancava un movente per Libero Corso. Ma devo dire che il signor EditoreDelLibroSopraCitato è riuscito a completare il quadro: il criminologo ha voluto creare il delitto perfetto, cercando di incastrare il professore omosessuale disoccupato attraverso la convessità del cucchiaino e l’omosessualità della vittima. Ma l’errore è stato uccidere la scrittrice di “Claretta: Io, prima di Benito – Molti amanti, molto amore” (che ora esce in edizione speciale economica con inediti dell’autrice) nella sera in cui avevamo in collegamento proprio l’accusato, unica puntata alla quale non era presente il criminologo. Quindi possiamo dire che il caso sia del tutto… come?... L’ANSA? Oh… Ecco, il caso è del tutto riaperto: non si è trattato di suicidio, il criminologo Libero Corso è stato assassinato dal killer del cucchiaino d’acciaio, che torna ad essere ignoto.
Ora, cercando di far finta che non siamo sconvolti da ciò che abbiamo appena scoperto (dovendo, dunque, far prima finta di esser rimasti sconvolti), torniamo ad occuparci del mistero del comune di Comune Italiano. Infatti ora, probabilmente, anche qui le carte in tavola sono cambiate: Libero Corso non è più la persona spregevole che credevamo, anzi, è una vittima, dunque l’opinione pubblica su di lui deve assolutamente cambiare. Inoltre in ogni giallo deduttivo che si rispetti, tutto deve essere concatenato, dunque… Dai, ammettetelo: solo sui blog trovate Vespa che sfonda la quarta parete e, soprattutto, solo nei blog trovate Vespa onesto! Chiediamo a Pio Buono, sindaco quinquenne di Comune Italiano, cosa pensa della situazione.

PB: Bè, ecco… io credo che alla fine il coniglio è innocente…


V: Bene. E con questa stupenda metafora rogerrabittiana del sindaco ci diamo appuntamento a domani sera, puntata in cui dovremmo avere la verità. Credo che riguardando le quattro puntate potreste arrivare anche voi all’identità del colpevole. Alla prossima.

domenica 6 aprile 2014

Porta A Porta - Il terribile delitto del cucchiaino d'acciaio (Parte 3)

V: Buonasera. Anche stasera parleremo del terribile delitto del cucchiaino d’acciaio. Tutto ha avuto inizio qualche giorno fa quando un povero ragazzo è stato brutalmente assassinato con un cucchiaino d’acciaio.
Tutte le strade portavano alla colpevolezza di un professore omosessuale disoccupato, amante del gelato, Salvo Prove. Ma durante l’intervista al suddetto signore è avvenuto l’omicidio della seconda vittima: la scrittrice esordiente che aveva ritrovato dei diari segreti dell'amante del duce e li aveva elaborati nel libro dal titolo “Claretta: Io, prima di Mussolini – Molti amanti, molto amore”, nostra ospite l’altro ieri.
Le vendite del libro sono balzati alle stelle dopo la tragica morte dell’autrice.
Questa sera elaboreremo i nuovi dati con il criminologo Libero Corso e altri ospiti.
Inoltre riprenderemo il mistero del comune di Comune Italiano, comune di tre abitanti in cui, per la prima volta, non si è raggiunta una maggioranza. Ne parleremo con i due sindaci di Comune Italiano, Giovanni B. Buono e Chiara Alba in Buono. In più sarà ospite il terzo abitante di Comune, nonché figlio dei due sindaci, Pio Buono. Ma subito la parola al primo ospite: le costituzionaliste Sana e Robusta, con le loro assistenti, Una e Indivisibile. Cosa pensate del misterioso killer del cucchiaino d’acciaio?

S: Io credo sia un uomo molto strano…
R: Sì, concordo con Sana!
S: Grazie, Robusta!
U: Io invece penso che potrebbe anche non trattarsi di un unico assassino perché…
I: Ma che cazzo dici, Una! Sei impazzita! Ma perché mi invitano sempre con te! Vorrei poter fare un intervento da sola, maledizione! Sempre con Una! “Una e Indivisibile, rilascereste un’intervista per la nostra rivista?” Non siamo la stessa persona, cazzo! Lei è Una e io sono Indivisibile! Basta, con questa storia!

V: Bene, direi che va bene così… Vi riascolteremo per parlare del comune di Comune Italiano…
Ora cerchiamo di ricostruire la vicenda con il brillante criminologo, Libero Corso!

LC: Sì, grazie signor Vespa. Bè, il quadro è cambiato radicalmente: bisogna prima di tutto considerare quale sia il collegamento tra i due delitti. Innanzitutto, la seconda vittima è stata trovata in un parcheggio, come la prima. Entrambe le vittime avevano rapporti con un uomo: il primo era omosessuale, la seconda donna. Dunque ritorniamo al delitto passionale: sia l’omosessuale che la donna hanno avuto un amante in comune con l’assassino.

V: Mi permetterà di dirle che la sua ricostruzione è un po’ forzata! Inoltre sul luogo del secondo delitto è stata trovata una stilografica rosa shocking con su scritto “Premio letterario China Il Capo a Capo Di China ‘75”.

LC: Questo mostra l’ambiguità dell’assassino: la penna stilografica rappresenta il lato intellettuale dell’assassino e il rosa shocking rappresenta il suo lato B… ehm… scusate… il suo lato omosessuale.

V: Non potrebbe appartenere alla scrittrice? Non potrebbe aver vinto un premio nel ’75?

LC: Ma bene! Bravo Holmes! Dunque io sono inutile! Andate al diavolo, lei e questo programma di merda! Dalla scorsa puntata mi hanno riempito di insulti incolpandomi dell’accusa a Salvo Prove!

V: Chiudete il collegamento e passiamo al mistero del comune di Comune Italiano.
Allora, signori sindaci, la situazione è cambiata?

GBB: Sì! Abbiamo cambiato la legge elettorale e abbiamo reso eleggibile il terzo abitante. Ha avuto due voti. Dunque anche noi abbiamo un serial killer! Già, un killer della democrazia che continua ad astenersi dal voto.

V: Dunque ancora non siete arrivati a capo del mistero?

CA: No! Però abbiamo un sindaco: nostro figlio Pio Buono, di 5 anni! Ma anche stavolta al posto del terzo voto abbiamo trovato un biglietto. Stavolta c’era scritto “Io no voto peche no so scrivere mio nome”…

V: Un altro biglietto incomprensibile, dunque. Parliamone con le costituzionaliste, Sana e Robusta, e le loro assistenti, Una e Indivisibile.

S: Effettivamente è uno strano avvenimento. Io credo che la gente sia stanca della politica sporca. Ma questo caso è ancora più sconvolgente perché fino ad ora i votanti nei propri comuni erano stati sempre più alti rispetto alle elezioni politiche. Qui invece abbiamo un terzo della popolazione che si rifiuta di votare. Un 33,3% di abitanti non si sente rappresentato da nessuno dei candidati.
R: Tra l’altro questa volta i candidati rappresentavano il 100% della popolazione, dunque un’ampia scelta.
Questo rende ancora più inquietante la faccenda.
U: Se posso, io credo che si stia affrontando il problema in modo sbagliato: infatti bisogna considerare che nei piccoli centri le elezioni sono spesso pilotate, dunque qualcuno vuole mantenere il comune di Comune Italiano privo di sindaco. E l’unico ad avere un tale interesse potrebbe essere solo un commissario, al quale potrebbe essere affidato il comune.
I: Fammi capire, Una: tu vorresti dire che qualcuno avrebbe impedito le libere elezioni? Ma questa è follia pura!

V: Bè, chiediamolo al terzo abitante del comune, nonché nuovo sindaco, Pio Buono.
Signor sindaco, lei cosa ne pensa?

PB: Io sono quello che no votato!

V: Signor sindaco, io capisco che lei ora rappresenta il comune di Comune Italiano, ma non è giusto che si prenda responsabilità non sue.

PB: Prima volta, io no votato perché no volevo far litigare mamma e papà. Seconda volta perché io non so scrivere il mio nome.

V: A questo punto la situazione è chiara: un commissario, resosi conto dalle prime elezione dell’instabilità del comune di Comune Italiano, ha approfittato delle seconde per tentare di stallare la situazione. Ha fatto in modo di dare un maestro poco preparato al piccolo sindaco in modo che egli non fosse in grado di scrivere il suo nome! Ma gli altri due voti sono bastati all’elezione del piccolo Pio.

GBB: Nostro figlio va a scuola nel paese vicino al nostro e il maestro è il criminologo Libero Corso.

V: Ma come ho fatto a non pensarci prima! Libero è anche un commissario e abita nel paese vicino al vostro: fu lui a propormi di parlare della vostra storia. Probabilmente è anche l’assassino del cucchiaino d’acciaio! Quell’uomo non ha scrupoli. Come? Oddio… Signori e signore… non so come dirvelo… Libero Corso si è suicidato, e vicino al suo cadavere è stato trovato un cucchiaino d’acciaio…
Ecco chi era il terribile killer. Ma perché? Perché tutto questo? Lei cosa ne pensa signor Editore?

E: Non capisco… Io ero qui a prepararmi per l’intervista che le avrei dovuto rilasciare sulle vendite del libro “Claretta: Io, prima di Benito – Molti amanti, molto amore” e ho sentito un rumore nel camerino di fianco al mio. Così ho trovato il signor Corso con un cucchiaino d’acciaio infilato nel collo. E con i pezzi di unghie dei piedi, appena tagliate, aveva formato la scritta “SCUSATE MA NUN GLIA FACCIO”. Aveva la tv accesa sulla diretta di Porta a Porta. Quando l’avete accusato non deve aver retto al colpo e ha deciso di farla finita! Non sapremo mai la verità!

V: Noi non ci arrenderemo, ma continueremo ad indagare. Nella prossima puntata parleremo del libro sulla Petacci, con un’intervista all’appena ascoltato EditoreDelLibroSopraCitato. Il libro, infatti, dopo la morte della scrittrice, ha superato il numero di copie vendute dai dischi postumi di Jimi Hendrix e Tupac messi insieme. Inoltre vi terremo aggiornati sulle novità riguardanti il terribile delitto del cucchiaio d’acciaio.

Alla prossima puntata.